FERRATE

VIA FERRATA

Una via ferrata è un percorso in parete attrezzato con infissi metallici, fittoni, funi d'acciaio, scale, ponti, ecc, da utilizzare per la progressione
 
storia

L'idea di rendere più agevole l'accesso a un colle, a una vetta o a un rifugio risale a molto tempo fa: nel lontano 1492 Antoine de Ville, capitano dell'esercito francese, scrisse di aver utilizzato una scala a pioli per raggiungere la vetta del Monte Aiguille.
Per la prima via ferrata italiana bisognerà però attendere sino al 1880, quando le guide alpine di Madonna di Campiglio attrezzarono il versante orientale della cima Brenta per facilitare il transito dei loro clienti. Negli anni seguenti, soprattutto sulle Alpi orientali, vennero attrezzati numerosi altri itinerari di traversata che favorivano il passaggio in luoghi particolarmente impervi allo scopo di consentire alle truppe l'accesso ed il controllo delle linee di confine. Infatti, le vie ferrate soprattutto sulle Dolomiti, hanno spesso origine militare e furono attrezzate nei duri anni della guerra di frontiera del 1915/18.
Il turismo le ha notevolmente rivalutate e oggi sono al centro di una vera moda. Oggi quella delle vie ferrate è un'attività ludica accessibile a tutti, che consiste nel percorrere un itinerario sportivo tracciato su una parete rocciosa, attrezzata con cavi, gradini, scale ed altri elementi destinati a facilitare la progressione garantendo al contempo la sicurezza.


Tecniche ed equipaggiamenti


Ammortizzatore per vie ferrate:
E' comunemente definito anche "set per vie ferrate", è costituito da due moschettoni specifici (marcati con la lettera K) muniti di ghiera automatica ed anello fermacorda, una corda dinamica 1 UIAA di10,4 mm di diametro lunga 5,5 metri e divisa in due spezzoni rispettivamente di 3,8 e 1,7 metri. L'utilizzo di corde diverse da quella citata è vietato. Il set è fornito completo di ammortizzatore (dissipatore) che ha il compito di assorbire, trasformandola in calore, una parte dell'energia cinetica della caduta. Il set può essere usato indifferentemente sia con imbrago basso che imbrago alto, tuttavia se si porta lo zaino è necessario l'impiego di quello alto. All'imbrago alto lo si collega così: realizzare un'otto (vedi pagina dei nodi) a circa metà del tratto di corda che segue il dissipatore. Passare il capo negli anelli di un lato dell'imbrago, dal basso in alto, e infilarlo poi nell'asola del dissipatore. Passare ora la corda anche negli altri due anelli, questa volta dall'alto in basso, e di nuovo, quindi in senso inverso, nell'asola del dissipatore. A questo punto il capo libero della corda deve passare nuovamente nel nodo ad otto (nodo delle guide), in senso inverso; a questo punto si deve stringere bene il nodo e verificare che l'imbrago sia ben stretto intorno al corpo. E' di fondamentale importanza per la sicurezza che ci sia un lasco di corda di 110 +/- 10 cm tra il nodo e l'ammortizzatore (è questo tratto di corda che consente di assorbire parte dell'energia di caduta). Dopo una caduta verificare che la corda non abbia subito danni e riportare nella posizione originaria la cardo nell'ammortizzatore. E' vietato apportare modifiche o riparazioni. Per la manutenzione è inoltre necessario sostituire l'ammortizzatore in seguito a forti cadute, anche se nessuna degradazione è constatabile all'esame visivo. La sua resistenza potrebbe infatti essere diminuita drasticamente. Sostituire l'ammortizzatore se presenta segni di usura o ossidazione. Lavarlo solo con acqua e asciugarlo con un panno morbido. La corda va lavata con acqua fredda e lasciata asciugare all'ombra e al fresco. Evitare il contatto con sostanze corrosive, fonti di calore e non lasciare esposta al sole.
Casco:
E' sempre realizzato in materiale plastico leggero ma fortemente resistente a colpi e urti anche violenti. Deve essere provvisto di sottogola imbottito e regolabile e di struttura interna che allontani la calotta dalla testa. Controllare periodicamente le fettucce e pulirlo regolarmente. Deve essere sostituito dopo ogni urto violento.
Ghette:
La loro funzione è di evitare che entri neve nello scarpone quando vi si affonda, Non necessitano di manutenzione, vanno solo lavate e lasciate asciugare all'ombra. Il cinturino di regolazione sul piede è soggetto ad usura e va quindi controllato così come la zip di chiusura. Controllare anche l'usura per sfregamenti (o strappi prodotti dai ramponi).
Racchette:
La loro funzione è evitare che il piede sprofondi nella neve rendendo perciò la marcia meno faticosa consentendo, magari con l'ausilio di bastoncini da sci, escursioni invernali anche senza essere provetti sciatori. Oggigiorno sono prodotte in polipropilene e in vari modelli così non è facile scegliere un attrezzo adatto alle proprie esigenze. Sono dotate di attacchi snodati che consentono un avanzamento più naturale riducendo la fatica. Esistono vari tipi di attacco, universali o studiati per scarpe specifiche. Alcune sono dotati di rampone per neve dura e anche di alzatacco per terreni ripidi. In definitiva per la scelta dovete tenere conto del vostro peso, del tipo di calzatura da usare, del terreno su cui prevedete di camminare e dell'attività che intendete svolgere maggiormente. Vanno lavate ed asciugate dopo ogni uso controllando che gli attacchi in tutti i loro componenti siano in ordine.
Piccozza:
Ne esistono di vari tipi adatte alle varie attività. La becca è provvista inferiormente di dentature ed è ricurva verso il basso. Quando la curvatura è più accentuata, e quindi più aggressiva, si tratta di un modello tecnico per cascate di ghiaccio. Tuttavia il modello classico, con la becca con curvatura poco accentuata, è valido anche per canali con pendenze accentuate e difficoltosi. Il manico, solitamente rivestito di materiale antiscivolo nel tratto dell'impugnatura, termina con un puntale più o meno arrotondato. Ogni piccozza è fornita di lacciolo che permette di averla sempre legata al polso, evitando di perderla. Il manico ha un lunghezza variabile; per pendii di neve di modesta pendenza o su ghiacciaio si consigliano lunghezze non superiori ai 60 - 70 cm, da scegliere tuttavia in relazione alla propria statura. Deve essere lavata e bene asciugata dopo ogni uscita, da controllare anche il lacciolo e eventuali lesioni del manico

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Ramponi:
Quando la neve diventa troppo dura per essere scalinata con gli scarponi allora diventa indispensabile l'uso dei ramponi. Ci sono modelli mono e bi-punta I bi-punta hanno il vantaggio di una maggiore stabilità. I modelli da cascate hanno invece 14 punte, la seconda e la terza fila anteriori sono molto aggressive. In funzione dell'uso che si intende farne bisogna scegliere il modello più adatto. Per alpinismo classico, ed escursionismo, sono adatti modelli a 12 punte. Hanno attacchi semiautomatici o automatici idonei però solo a scarponi predisposti. Prima di indossarli vanno regolati in lunghezza per adattarli perfettamente alla suola dello scarpone. Per il trasporto in zaino è opportuno dotarli delle apposite protezioni in gomma per le punte. La manutenzione dei ramponi è assai importante.
                                                                             Vita di un rampone
Difficile da quantificare; le variabili sono molte. Ecco alcune regole di base:
  • Uso saltuario: 5 - 10 anni
  • Uso regolare durante l'anno su vie difficili, per qualche cascata: 3 - 5 anni
  • Uso professionale, spedizioni, vie nuove, cascate: tra 3 e 6 stagioni

Decalogo dei ramponi
  • Ramponi e piccozza sono complementari e possono rendere sicuro un passaggio altrimenti pericoloso anche se in ambiente non estremo.
  • E' di straordinaria importanza che il rampone sia ben regolato sullo scarpone.
  • Controllare la regolazione dei ramponi, il serraggio delle viti, le eventuali incrinature e lo stato delle cinghie PRIMA di partire per una salita. Le stesse semplici operazioni diventano un dramma alle 5 della mattina nel buio davanti ad un rifugio.
  • Ricordate che le allacciature classiche con cinghie devono essere chiuse e poi nuovamente regolate dopo alcuni minuti di marcia, come si faceva ai "vecchi tempi".
  • Tutti i ramponi (ed anche gli scarponi senza ramponi) fanno zoccolo in particolari condizioni di neve, l'utilizzo di una suola antizzoccolo è fattore di comodità e sicurezza.
  • Affilate le punte con una lima a taglio fine e mai con una mola rotante per non rovinare il trattamento termico; affilate le punte laterali nella parte anteriore e posteriore e non sui fianchi, le punte anteriori invece vanno affilate sui lati e non sulle parti laterali.
  • Non scaldate il rampone per nessun motivo (...adattamenti...) rovinereste il trattamento termico con gravi effetti sulla resistenza e sulla durata.
  • Non dimenticate i ramponi bagnati e sporchi in una borsa impermeabile; lavateli con acqua pulita, fateli asciugare all'aria, poi ingrassateli (grasso al silicone) con uno straccio o un prodotto aerosol.
  • I ramponi possono essere pericolosi per i vostri vicini (e per noi stessi); teneteli dentro lo zaino o utilizzate una borsa porta ramponi.
  • I ramponi possono essere danneggiati camminando sulle rocce senza attenzione (o correndo sui gradini in cemento delle funivie!) perciò controllateli regolarmente (e ricordate di stringere le viti di regolazione prima dell'uso).

TUTTI I MATERIALI DEVONO AVERE IL MARCHIO "CE" ED ESSERE CONFORMI ALLE NORME EN958






Pur essendo sufficiente un solo moschettone per agganciarsi in maniera sicura, è preferibile usarne due moschettoni: il cavo di ancoraggio infatti è fissato alla parete con rimandi che impediscono al moschettone di passare oltre. È quindi necessario sganciarsi dal cavo e riagganciarsi subito dopo il rimando. Se si usa un solo moschettone, in questa fase si rimarrebbe non assicurati alla parete, con gli ovvi rischi per la sicurezza che questo comporta. Usando due moschettoni è invece possibile rimanere sempre agganciati ai cavi di ancoraggio.

Nella pratica alpinistica la corda dinamica compie egregiamente la funzione di arresto elastico in caso di caduta, ma nel caso della ferrata, dato che si procede singolarmente,

Difficoltà


Per esprimere le difficoltà sulle vie ferrate vengono utilizzati alcune scale di valutazione d'insieme, quella che segue è utilizzata in Italia e Francia:
  • F - (Facile) percorso molto protetto - ben segnalato - poco esposto.
  • PD - (Poco Difficile) percorso con facili passaggi di scalata o traversata poco esposti.
  • AD - (Abbastanza Difficile) percorso più articolato su canali e camini - passaggi verticali e tratti in esposizione.
  • D - (Difficile) percorso continuamente verticale e molto articolato - tratti in forte esposizione.
  • TD (o raramente MD) - (Molto Difficile) percorso su rocce molto ripide e senza validi appoggi - richiede il superamento di tratti strapiombanti.
  • ED (o raramente E) - (Estremamente Difficile) percorso verticale e strapiombante - appoggi esclusivamente naturali.
  • EX - (Eccezionalmente Difficile) percorso di eccezionale difficoltà.
PERICOLI: anche se lo sono solo per chi ne soffre, le vertigini sono un pericolo grave. E' pertanto vivamente sconsigliato affrontare vie ferrate a tutti coloro che ne soffrono. Non hanno niente a che fare con l'equilibrio o la forma fisica, sono però causate dal timore che si possa cadere. Un rimedio a momentanei episodi di vertigini consiste nel non guardare in basso e tenere lo sguardo sempre verso la parete, in alto. Le cadute di massi sono uno dei pericoli maggiori che si incontrano sulle ferrate. Spesso sono causate da altri escursionisti, anche di altre cordate, ma anche dal vento ed in questo caso non si ha praticamente alcun preavviso. Si devono quindi attraversare passaggi a rischio uno per volta, e qualora si provochi una caduta di sassi, cosa da evitare con estrema cura, gridare ai compagni la parola "sasso" per avvertirli in tempo. Il caschetto è molto importante, il sottogola deve essere sempre allacciato e ben regolato. In caso di nebbia la via ferrata diventa una guida sicura, è assai difficile smarrirsi seguendola.La pioggia invece può rendere il sentiero molto pericoloso e le funi


scivolose, in questo caso i guanti sono essenziali. Per chi percorre una via ferrata un pericolo grandissimo sono i fulmini. Bisogna evitare, se possibile, i temporali; si verificano spesso nel pomeriggio e alla sera . Se non si riesce ci si deve allontanare dalle vette, creste, funi metalliche (che fungono da parafulmine), alberi e massi isolati.
  

TECNICA: verificare innanzitutto di avere correttamente indossato l'attrezatura, magari facendo controllare da un compagno, verificare la perfetta realizzazione del "nodo ad 8" della corda. 






a progressione su via ferrata comporta l'adozione delle tecniche utilizzate per l'arrampicata sportiva. L'unica differenza consiste nell'essere costantemente assicurati ad una corda metallica. All'attacco si agganciano i moschettoni dei due bracci del set alla corda metallica, si inizia l'ascensione fino al primo paletto. Raggiuntolo si deve effettuare lo scavalcamento staccando un solo moschettone che deve poi essere riagganciato alla corda dopo il paletto stesso, solo ora si sposta anche il secondo. Si prosegue in questo modo avendo cura di lasciare una distanza pari a quella tra due paletti tra noi e il compagno che ci precede; questo serve ad evitare di essere travolti in caso di caduta. Per superare un tratto attrezzato con scala a pioli si devono agganciare i moschettoni ai pioli ad un'altezza prossima a quella della testa prima di iniziare la salita. Saliti alcuni gradini si spostano nuovamente in avanti, sempre uno per volta. Se non è possibile agganciarli ai pioli vanno posti sui montanti della scala. 


I NODI

In alpinismo, inteso come attività di roccia, ghiacciai e vie ferrate, non sono molti i tipi di nodi usati. Tuttavia è fondamentale conoscerli bene e saperli eseguire praticamente ad occhi chiusi, ne va della sicurezza di tutta la cordata. Provare e riprovare è l'unico modo per raggiungerne la padronanza, soprattutto in posizioni scomode. A seconda dell'impiego vediamo quali sono e come si eseguono. Va comunque detto che in tutte le attività che prevedono l'uso di corde va indossato anche l'imbrago.
NODO DELLE GUIDE: 
nasce dal nodo savoia (ad otto), si infila il corrente (il capo della corda) nelle asole dell'imbrago e si ripassa, in senso inverso, il nodo già fatto ottenendo un'ottima tenuta allo strappo ma una certa difficoltà per lo scioglimento. Inizialmente si forma un otto senza stringerlo (assucarlo), si fa poi passare la corda nelle asole dell'imbrago, nella prima asola dall'alto verso il basso e nella seconda dal basso verso l'alto. Diversamente la corda in tensione farebbe capovolgere il corpo. Ripassare in senso inverso l'otto fatto in precedenza e stringere.
IL BARCAIOLO: 
  è un nodo per l'autoassicurazione, è in altre parole il vincolo che lega la cordata alla parete. E' fondamentale essere in grado di realizzarlo con una mano sola, in qualunque posizione e con la corda passante dentro il moschettone. Con la corda nel moschettone, prendere con due dita un capo e formare un'asola incrociandolo con l'altro capo. Mettere l'asola nel moschettone. La corda resta così bloccata in entrambe le direzioni, mai capi possono essere facilmente regolati per allungarne uno o l'altro. Il nodo resta facilmente scioglibile anche dopo un forte strappo.
IL MEZZO BARCAIOLO: 
è un nodo, di facile esecuzione, usato per l'assicurazione, permette di accompagnare i movimenti del compagno di cordata sia per dare corda sia per recuperare. Permette lo scorrimento della corda, ma funziona da freno, e permette un rapido bloccaggio senza sforzo. In figura con A è indicato il capo a cui è legato il compagno e con B il capo libero. Prendendo con due dita il capo libero realizzare un'asola ed inserirla nel moschettone senza incrociare con il capo A. Come si può vedere l'unica differenza tra i due nodi consiste nell'incrociare i due capi per realizzare il barcaiolo.



DOPPIO INGLESE:
serve per unire i capi delle corde, è usato per la giunzione di due corde o per realizzare anelli di cordino. Deve essere usato anche per il cordino che chiude le asole dell'imbrago completo (alto). E' bene che i capi delle corde siano sufficientemente lunghi in modo che in caso di forte sollecitazione possa sciogliersi per lo scorrimento dei capi stessi. Accoppiate le corde realizzare due spirali intorno ad entrambe in direzione dell'altro capo e quindi far passare il capo (con cui si sono realizzate le spire) dentro le spire e stringere. Ripetere l'operazione con l'altro capo. Stringere bene, facendo in modo che i due gruppi di spire realizzate si contrappongano, tirando alternativamente i quattro capi.
NODO DELLE FETTUCCE:
 

Usato per congiungere cordini e fettucce.
NODO SEMPLICE:
 

Per calarsi in corda doppia congiungendo due corde, quando esiste il pericolo che il nodo si incastri durante il recupero. Serrare bene prima di effettuare la calata.
NODO MARCHAND:
 

per l'autoassicurazione nella discesa a corda doppia. Può essere fatto con una o due asole ed è preferibile ad altri nodi autobloccanti perché più pratico e funziona meglio con le corde gelate.
Il numero di giri necessari per eseguire il nodo è inversamente proporzionale alla differenza di diametro tra la corda, sulla quale si esegue la discesa, e il cordino usato. Verificare sempre, prima di scendere, che il nodo si blocchi sollecitandolo verso il basso (o verso l'alto) con un colpo secco.


NODO PRUSIK:
 
Il Prusik è un nodo fondamentale utilizzato in tante discipline su corde. E' possibile avvolgerlo sia ad una corda singola che ad una doppia, e anche il numero di spire può variare d'accordo con l'utilizzo. Di solito, tutti i nodi della famiglia dei prusik vengono fatti con un cordino di diametro inferiore a quello della corda, ma anche il tipo e la consistenza delle corde adoperate sono importanti. Il prusik ha come caratteristica principale il fatto che può essere legato con un cordino chiuso ad anello (con un nodo doppio inglese). E' anche un nodo simmetrico, il che lo rende bi-direzionale

ASOLA DELLE GUIDE:
 

Nodo molto usato in ogni circostanza; è un nodo delle guide con frizione ma eseguito con due tratte di corde parallele e consecutive anzichè una. E' utilizzato per fissare la corda ad ancoraggi, per fissare corde doppie o in ogni circostanza in cui si deve fissare la corda in un suo punto qualsiasi. 




PROGRESSIONE SU ROCCIA
 una sommaria descrizione delle tecniche, p ertanto non possono costituire in alcun modo un manuale


Il movimento nella scalata è un'evoluzione del camminare, pertanto è necessario concentrare l'attenzione sul baricentro e sulla spinta delle gambe. Si deve imparare a separare completamente il movimento del bacino da quello dei piedi, indispensabile per passare da un appoggio ad un altro, restando sempre in equilibrio.
Caricare un appoggio vuole dire esercitare una spinta, con la gamba che lavora, sull'appoggio soltanto dopo aver trovato l'equilibrio sull'appoggio stesso. In modo da sollevare il baricentro (bacino) con la spinta. Se non è necessario sollevare il bacino, caricare l'appoggio significa trasferire il peso sulla gamba, ricercando sempre l'equilibrio.
Isolare il bacino significa separare il movimento del bacino da quello del busto.
La retroversione del bacino permette il caricamento ottimale degli appoggi, movimento che riduce l'affaticamento delle braccia portando il peso esattamente sulla verticale degli stessi.
I terreni appoggiati richiedono prevalentemente piccoli passi mentre su terreni strapiombanti è preferibile aumentarne l'ampiezza perché una maggiore velocità diminuisce lo sforzo sulle braccia.
Prima di sollevare un piede è sempre necessario ricercare il perfetto equilibrio sul piede in appoggio. Mentre muoviamo l'altra per raggiungere l'appoggio successivo bisogna restare in equilibrio su una gamba.
Nell'uso dei piedi in appoggio bisogna innanzi tutto evitare di appoggiare i piedi più volte sullo stesso punto, nell'intento di migliorare la posizione del piede, cosa da evitare anche per il movimento delle mani.
Per appoggio s'intende una sporgenza della roccia in grado di sostenere il corpo sulla verticale della sporgenza stessa e tale permettere la spinta del piede essenzialmente dall'alto in basso. Quando siamo coi piedi sugli appoggi dobbiamo tendere a mantenere il bacino il più possibile sulla loro verticale ad eccezione di una parete strapiombante in cui non è possibile farlo a causa della pendenza della parete stessa. Avvicinarsi alla parete porta ad allontanarsi dalla verticale sugli appoggi. Anche quando l'appoggio offre spazio per tutto il piede si deve utilizzare solo l'avampiede evitando l'intero arco del piede e il tallone. Se la sporgenza è stretta si deve poggiare la parte interna dell'avampiede. Nel caso di piccoli appoggi si utilizzerà la punta del piede. In generale, è necessario mantenere i talloni bassi e non superare con loro il piano d'appoggio. Il tallone alto diminuisce la stabilità, affatica il polpaccio (tremore incontrollato). La corretta posizione del piede consente di scaricare adeguatamente il peso sulla roccia ed è uno degli aspetti fondamentali dell'arrampicata.

Il piede privo di un sostegno adeguato per l'assenza di sporgenze, che viene appoggiato su un'ondulazione o su un tratto liscio di parete, in modo da sfruttare al massimo l'attrito della suola, viene definito in aderenza. Nell'aderenza allontanando il bacino dalla parte, in senso perpendicolare alla parete stessa, aumentiamo la capacità di tenuta dei piedi. Infatti, la pressione che determina l'attrito della suola sulla roccia dipende dalla componente di spinta perpendicolare alla superficie di contatto. Se è necessario usare anche le mani in aderenza, l'equilibrio lo si ricerca portando il bacino sulla verticale della superficie di contatto dei piedi. E' importante distribuire il peso su tutti gli arti se l'attrito della suola non è sufficiente a sostenerci. E' comunque estremamente importante individuare il "momento limite" della tenuta dei piedi in aderenza per ridurre l'affaticamento delle braccia.
Le posizioni di progressione vengono classificate come segue:
  • Corta quando le mani sono al di sotto delle spalle.
  • Naturale quando le mani sono ad un'altezza compresa tra le spalle e la testa
  • Lunga quando le mani sono al di sopra della testa.
In arrampicata un ruolo importante lo assumono la respirazione ed il rilassamento. Entrambe contrastano la tensione nervosa che si riflette sul corpo dell'alpinista. Tensione che deriva dall'istintiva paura di cadere ma anche dalla scarsa conoscenza della tecnica e dalla mancanza di pratica. La respirazione deve essere addominale perché favorisce il rilassamento aiuta inoltre ad evitare l'apnea nel momento dello sforzo. E' perciò la fase respiratoria che facilita e migliora le prestazioni fisiche, in modo particolare durante lo sforzo.
L'arrampicata in discesa si affronta quando si deve discendere arrampicando. Su itinerari non troppo difficili è preferibile scendere faccia a valle o lateralmente alla parte, soprattutto perché essendo lo sguardo rivolto nella direzione di marcia si individuano meglio gli appoggi. Gli appoggi vanno caricati in senso verticale anche nel caso si tratti di terra o sassi, per una maggiore stabilità e per non far cadere sassi smossi.
Il punto di riposo da la possibilità di assumere posizioni tali da togliere il peso dalle braccia con conseguente recupero d'energia.
Allo scopo di avvicinarsi alla dimensione verticale nel modo stabile, sicuro e meno faticoso si adotta la progressione fondamentale con due appoggi. La posizione base è coi piedi in appoggio alla stessa altezza, ad una distanza pari alla larghezza delle spalle, e le mani alla stessa altezza degli appigli. Le mani sono ad un'altezza compresa tra le spalle (parete appoggiata) e la testa (parete quasi verticale). Si spostano verso l'alto, una per volta, le mani. Per non avvicinare troppo il busto alla parete si evita l'utilizzo di appigli molto alti. Successivamente si spostano i piedi con almeno tre passi. L' ampiezza non deve superare il ginocchio della gamba d'appoggio ed in orizzontale deve poggiare possibilmente vicino ad essa. Il baricentro si sposta lateralmente da una gamba all'altra ed anche perpendicolarmente alla parete
Se un solo piede dispone dell'appoggio, e quindi anche il bacino è sostenuto solo da esso, si sta effettuando una progressione fondamentale con bilanciamento. L'altro piede è in bilanciamento che si ottiene avvicinando alla parete, con una rotazione del bacino, l'anca corrispondente al piede stesso, per imprimere con questo una spinta perpendicolare alla parete. Il piede tocca la parete col lato interno dell'avampiede con la gamba distesa. Si spostano verso l'alto, una per volta, prima le mani e poi i piedi con almeno tre passi. Per primo si muove il piede in bilanciamento e si appoggia al centro, possibilmente in aderenza.
La progressione fondamentale con spaccata si distingue dalle precedenti perché le gambe sono in spaccata e i piedi non necessariamente alla stessa altezza. Il bacino deve sempre trovarsi tra le due verticali passanti per gli appoggi. Le mani si trovano ad un'altezza compresa tra le spalle e la testa.
Si spostano prima le mani, una per volta, e successivamente i piedi con almeno tre passi. Per primo si sposta il piede più in alto appoggiandolo verso il centro, preferibilmente in aderenza. Si sposta indifferentemente uno o l'altro se sono alla stessa altezza. Il bacino si sposta per caricare in modo alterno le gambe e perpendicolarmente alla parete.
Nella progressione fondamentale sfalsata i piedi sono ad altezza differenti, quello in alto utilizza un appoggio situato ad un'altezza compresa tra ginocchio e anca della gamba tesa. Il peso grava su entrambi i piedi, le mani sono ad un'altezza compresa tra le spalle e la testa. Una per volta si spostano prima le mani e successivamente i piedi con almeno tre passi. Si muove prima il piede in alto abbassandolo per eseguire il passo verso il centro. Il bacino si sposta lateralmente per caricare in modo alterno le gambe ma anche perpendicolarmente alla parete.
L'accoppiamento dei piedi è utilizzato per sfruttare appoggi alti quando non è possibile eseguire una delle progressioni fondamentali. Con i piedi in appoggio alla stessa altezza, ad una distanza pari alla larghezza delle spalle. Mani sugli appigli, alla stessa altezza, sopra la testa. Si alza un piede direttamente sull'appoggio alto e, con uno spostamento laterale del bacino, lo si carica sedendocisi sopra. Si solleva poi l'altro piede più o meno alla stessa altezza, se possibile su un appoggio, altrimenti in aderenza, spostando preventivamente il bacino in fuori quanto basta per alzare il piede.
Si riporta il più possibile il bacino all'interno delle verticali dei piedi e si raggiunge la posizione frontale. Spingendo, infine, con entrambe le gambe ci si alza in una posizione base corta.
Per superare tratti caratterizzati da fessure si utilizza la progressione Dulfer. Le mani sono ad altezze differenti, i piedi, anch'essi ad altezze differenti, sono in aderenza e leggermente divaricati. Le braccia sono distese ed il bacino è lontano dalla parete per consentire ai piedi di lavorare in aderenza. Si spostano prima i piedi e si alzano poi le mani, muovendo per primi gli arti più lontani nella direzione d'avanzamento. E' importante che l'ampiezza dei due archi tenda a rimanere costantemente uguale.

  Discesa in doppia

Le discese in doppia fanno parte delle manovre su corda più classiche in montagna e nelle 
 grandi vie



I

  • Lo stato della sosta deve essere verificato in maniera sistematica.
  •  
  • Qualunque sia il terreno utilizzate un'autoassicurazione in tutte le vostre discese. Per Per molti la soluzione più soddisfacente è mettere il bloccante, o il nodo autobloccante, al di sotto del discensore.







  • E' più comodo avere entrambe le mani sotto il discensore per frenarsi e l'autobloccante, meno direttamente sollecitato, resta    più facile da manovrare.                                                                                                  
.                                                  
 Per evitare di incastrare la doppia:                     





  1. se utilizzate delle mezze corde, il nodo di giunzione più efficace per collegare i due capi, per evitare rischi d'incastro, resta il nodo semplice piuttosto che il nodo doppio inglese.
  2. non lasciate mai la sosta senza aver identificato chiaramente il capo con il quale recupererete la corda.  Per ultimo, è importante accertarsi di separare bene le due corde lungo tutta la discesa, in modod da evitare gli attorcigliamenti che rischiano di bloccare il recupero della corda.
  3. attenzione alle radici, alle fenditure, al vento: un capo incastrato è sempre un (vero) problema.  Semplicità ed efficacia permettono di concentrarsi sull'essenziale.  Stratagemmi?   Esiste l'Huit imperdibile, ma anche il Reverso.  Basta passare le due asole di corda dal davanti.  E' sempre lo stesso ritornello, ma è sempre meglio adottare questa tecnica.... piuttosto che dover lasciare un discensore in parete.     Altro accorgimento: un semplice anello di fettuccia con un nodo permette di disporre contemporaneamente del discensore e della longe.
                       
   
Parte delle illustrazioni utillizate in questa pagina sono tratte dal libro "L'arte di arrampicare su roccia e ghiaccio" 


di Paolo Caruso, Edizioni Mediterranee.

PROGRESSIONE SU GHIACCIO



Un pendio, di pendenza moderata, con neve in cui affondi un po' lo scarpone va salito direttamente, faccia a monte e sceso direttamente, faccia a valle. Si deve ricercare soprattutto l'equilibrio. Il corpo a piombo avendo cura di non avvicinarsi troppo alla montagna. I piedi vanno tenuti distanziati della larghezza del bacino con le punte leggermente divergenti. In discesa evitare di irrigidirsi e di essere arretrati, il busto deve essere flesso in avanti. Il passo sempre regolare e non troppo lungo per evitare di perdere l'equilibrio, ma non troppo corto per evitare lo sfaldamento del gradino superiore. Il piede va appoggiato energicamente sulla neve; se è inconsistente la si compatta, calcandola più volte col piede, prima di appoggiarsi. Sono molto utili i bastoncini.
Su tratti di pendenza moderata, ma con neve dura che si lascia intaccare dagli scarponi, si procede con gli scarponi di piatto in modo da lasciare l'impronta di tutta la suola. Al fine di ricercare l'equilibrio il corpo deve restare a piombo. Il passo breve, le gambe leggermente divaricate e le punte leggermente aperte. La gamba d'appoggio resta distesa. Si appoggiano gli scarponi con le suole parallele al pendio piegando le caviglie. Con l'aumentare della pendenza si aumenta anche l'apertura delle punte. I bastoncini sono utili.
Si scende piantando i talloni nella neve, caviglie e ginocchia piegate, busto leggermente flesso in avanti, mantenendosi a piombo sui piedi. Il passaggio del peso dal tallone a tutta la pianta del piede provocherà una scivolata, tenete presente che più si alza la punta più il tallone frena. L'equilibrio si mantiene con spostamenti avanti - indietro del bacino. E' consigliato l'uso dei bastoncini.
Se invece la neve è dura, o si è in presenza di ghiaccio morbido, su pendio con pendenza dolce è necessario l'uso dei ramponi. Su lievi pendenze si cammina con le gambe divaricate facendo penetrare le punte dei ramponi. Con pendenze maggiori si avanza piegando le caviglie e aprendo progressivamente i piedi a papera. Trasferire il peso sulla gamba d'appoggio prima di spostare l'altra. Il piede deve essere appoggiato energicamente sul ghiaccio alzandolo in modo che le punte dei ramponi non inciampino nel suolo. Su pendii dolci è preferibile l'uso dei bastoncini ma quando la pendenza aumenta si deve usare la piccozza come bastone. In discese si avanza col busto flesso in avanti, gambe leggermente divaricate e semiflesse e con le punte leggermente divaricate. Appoggiare tutta la pianta del piede, non solo sulla punta o il tallone. Il braccio deve essere disteso lungo il corpo e la piccozza impugnata per la testa, becca in avanti e palmo della mano appoggiato sulla paletta. Il puntale deve piantarsi nella neve, perciò è indicata una piccozza relativamente lunga muovendosi solo quando è ben piantata. Si procede piantando la piccozza e muovendo due passi, quindi piantare di nuovo la piccozza e muovere ancora due passi, ecc., Nella progressione frontale la s'impugna nella mano più comoda e va piantata quando la gamba opposta è avanzata In discesa si impugna sempre con la becca a monte e nella posizione più comoda. Pur essendo una soluzione fortemente sconsigliata, se la piccozza non è sufficientemente lunga, evitare di piantarla tenendola semplicemente in mano per la testa o per il manico.
Sotto lo scarpone può formarsi un pericoloso zoccolo di neve, sia con i ramponi sia senza. Quando il piede è sollevato e la gamba flessa va rimosso con un colpetto secco del manico della piccozza sul bordo dello scarpone. E' possibile utilizzare, con la mano libera, un bastoncino per evitare perdite d'equilibrio. Quando l'estrazione della piccozza è pericolosa, la rimozione può avvenire battendo il tallone del rampone con lo zoccolo sul tallone del piede d'appoggio, facendo in modo da mantenere le gambe a 90°.
Dovendo affrontare brevi muri di ghiaccio morbido, con pendenze non eccessive, porsi con le gambe leggermente divaricate e piegate in posizione naturale d'equilibrio con la faccia rivolta al pendio. Piantare nel ghiaccio solo le punte anteriori dei ramponi con gli scarponi orizzontali. La piccozza piantata di becca e impugnata con la mano più forte, le braccia semiflesse lungo i fianchi. Il baricentro deve stare sul piede d'appoggio. Si solleva quindi l'altro portandolo più in alto del piede di partenza e successivamente lo si carica spostando il bacino sulla sua verticale. Piantare le punte dei ramponi con un colpo deciso e calibrato ricordando che troppi colpi triturando il ghiaccio rendendo inaffidabile l'appoggio. Si scende con la stessa tecnica.
Per usare la piccozza in appoggio di becca il braccio deve essere semiflesso sul fianco. Si impugna la piccozza sopra la sua testa appoggiando il palmo sulla paletta. La becca in avanti ad incidere il pendio all'altezza del fianco col puntale appoggiato. La piccozza, più che piantata, va appoggiata spostandola ogni due passi quando è alta la gamba opposta.
Per arrestarsi, in caso di scivolata su pendio innevato, ci si deve girare con la faccia al monte e con l'altra mano impugnare il manico della piccozza. Piantare la becca nella neve all'altezza dello sterno. Il peso la fa penetrare nella neve rallentando la caduta; tenere le gambe divaricate e i piedi alzati per evitare ribaltamenti. Durante la scivolata è importante mantenersi col capo in alto.
Oltre una certa pendenza la progressione frontale è resa impraticabile dall'impossibilità di piegare ulteriormente le caviglie, si procede allora in diagonale.
Appoggiare sempre energicamente tutta la suola dello scarpone. Il piede a monte, il cui appoggio avviene con una torsione della caviglia, deve trovarsi nella direzione di marcia e in fase di carico tutta la piante deve aderire al suolo. L'altro divergente con la punta a valle, le ginocchia sono proiettate a valle e il busto, leggermente flesso in avanti, va ruotato anch'esso a valle. Ricordate che i piedi piegati verso monte scivolano.
Con i ramponi, la posizione di piedi e corpo è uguale alla precedente. I ramponi vanno appoggiati in modo che le punte siano sempre piantate nel ghiaccio senza rullata tacco-punta. La piccozza, utilizzata con la mano a monte, va avanzata quando il piede a valle è avanzato. E' estremamente importante che tutte le punte siano piantate nel ghiaccio.
Al termine della diagonale girarsi faccia al monte, coi piedi non sullo stesso piano e le punte a papera.. Indirizzare il piede a monte nel nuovo senso di marcia e cambiare le mani appoggiandole entrambe sulla testa della piccozza, solo dopo effettuare il cambio.
Nell' avanzamento in diagonale il piede a valle deve essere portato avanti e sotto a quello a monte, mentre nella progressione incrociata viene portato avanti e sopra. Si inizia col piede al valle con la punta rivolta verso il basso, il piede a monte leggermente avanzato e indirizzato nel senso di marcia. Si incrociano i piedi facendo passare quello a valle sopra di quello a monte sempre con al punta rivolta verso il basso, ritornare quindi nella posizione di partenza. Il piede a valle passa davanti a quello a monte, che fa da perno, quello a monte passa dietro all'altro. Il busto, rivolto a valle, deve essere leggermente flesso in avanti, le ginocchia proiettate a valle e leggermente piegate. La piccozza in appoggio a monte; spostadola quando i piedi sono incrociati.
Alla fine della diagonale per effettuare l'inversione faccia a valle portarsi decisamente faccia a valle con i piedi a papera e ginocchia e caviglie ben piegate. Cambiare mano alla piccozza ripartendo nella nuova direzione incrociando il passo. In cordata Questa manovra consente di non scavalcare la corda. se si procede in cordata.
Su neve dura, senza ramponi si procede in diagonale gradinando con la paletta. Tenendo la piccozza con la mano più forte la si fa oscillare al ritmo del passo di marcia: un passo, un gradino. Dopo il distacco del gradino si ruota il polso verso valle. Su ghiaccio invece si gradina con la becca mettendosi fianco e impugnando la piccozza preferibilmente con la mano a valle, comunque sempre con la più forte. Il gradino va iniziato con colpi orizzontali rifinendolo con colpi verticali. Per superare brevi muri ghiacciati si realizza una tacca nel ghiaccio chiamata "acquasantiera", serve da appiglio per una mano se si ha una sola piccozza. Preparare solo una tacca per volta.
Disponendo di due piccozze, su neve dura o ghiaccio morbido, si utilizzano quattro arti. Si inizia con i piedi e le mani alla stessa altezza, le gambe leggermente divaricate e le braccia semiflesse in appoggio sulle piccozze all'altezza delle anche. Sollevare le piccozze una alla volta piantandole più in alto. Spostarsi sul piede d'appoggio e sollevare l'altro. Ritornare alla posizione di base spostando anche l'altro piede.

Parte delle illustrazioni utillizate in questa pagina sono tratte dal libro "L'arte di arrampicare su roccia e ghiaccio" di Paolo Caruso, Edizioni Mediterranee.



TABELLA COMPARATIVA DEI GRADI DI DIFFICOLTA' IN ARRAMPICATA
U.I.A.A.
FRANCIA
G.B.
U.S.A.
III
3
/
5.4
IV
4
4a
5.5
V-
5
4b
5.6
V
5
4b+
5.6 / 5.7
V+
5
4c
5.7
VI-
5
5a
5.7 / 5.8
VI
6a
5a+
5.9
VI+
6a+
5b
5.10a
VII-
6b
5b+
5.10b / 5.10c
VII
6b+
5c
5.10d
VII+
6c+
5c+
5.11A / 5.11b
VIII-
7a
6a
5.11c
VIII
7a+
6a+
5.11d
VIII+
7b+
6b
5.12a / 5.12b
IX-
7c
6b+
5.12c / 5.12d
IX
7c+
6c
5.13a
IX+
8a
6c+
5.13b
X-
8a+
7a
5.13c
X
8b+
7a+
5.13d
X+
8c
7b
5.14

GRADI IN ARTIFICIALE CLASSICO (tarati su calcare dolomitico)
GRADI
DIFFICOLTA'
A0
Chiodi e qualunque altro tipo di ancoraggio artificiale solamente, usati con le mani oppure i piedi. In genere l'ancoraggio è estremamente sicuro.
A1
Facile salita in artificiale, a prescindere dalla verticalità della parete. Gli ancoraggi possono essere collocati facilmente e offrono un'ottima tenuta in caso di volo. Grado intermedio A1+.
A2
Difficile salita in artificiale, con tratti strapiombanti faticosi e tetti. Gli ancoraggi possono venir collocati con più difficoltà e offrono una tenuta non sempre buona. Gradi intermendi A2- e A2+.
A3
Salita in artificiale molto difficile. E' piuttosto difficile e non immediato posizionare gli ancoraggi nella roccia e la loro tenuta è limitata, non solo in caso di volo. Entra in questo grado l'uso precario dei gancetti. Gradi intermendi A3- e A3+.
A4
Salita in artificiale estremamente difficile. I chiodi entrano pochissimo nella roccia e offrono uno scarso grado di tenuta. L'uso di gancetti è piuttosto frequente. Gradi intermendi A4- e A4+.
AE
Si adoperano gli ancoraggi a pressione o spit per la progressione e la difficoltà è esclusivamente fisica, in quanto non richiede abilità nell'infissione e per la loro ottima tenuta in caso di volo.

GRADI TECNICI ARRAMPICATA SU GHIACCIO
GRADI
DIFFICOLTA'
1
Pendenza fino a 60°.
2
Tratti con pendenza di 60°/70° su ghiaccio solido e con buon possibilità di assicurazione.
3
Passaggi con pendenza di 70°80°, intervallati da zone più facili, sempre su ghiaccio ottimo e con buone possibilità di assicurazione.
4
Salita con lunghi tratti di 75°/85° con possibilità di un breve tratto verticale. Il ghiaccio è generalmente buono e le protezioni offrono sufficiente tenuta.
5
Lungo tratto (al massimo mezzo tiro di corda) con pendenza di 85°/90° su ghiaccio a volte delicato e fragile. In questo grado sono contate anche le candele e strutture a cavolfiore.
6
Una o più lunghezze a 90° con pochi punti di riposo. Ci può essere qualche passaggio leggermente strapiombante. Il ghiaccio può avere una qualità pessima e le protezioni sono spesso scarse.
7
Una o più lunghezze a 90° o strapiombante oppure sottile. Le protezioni sono quasi inutili e richiede quindi ottime condizioni psico-fisiche.