giovedì 27 gennaio 2011

LE PICOZZE DA GHIACCIO

L’alpinismo è una disciplina dove gli exploit sono strettamente legati con l’evoluzione dei materiali. La fantasia e la preparazione fisica dell’atleta che scopre e sale per primo una linea sono alla base del progresso tecnico e dell’esplorazione; ma che legame esiste tra una nuova salita e l’attrezzatura utilizzata? È nato prima l’uovo o la gallina?…o meglio viene creato uno strumento per raggiungere un determinato obiettivo o l’obiettivo viene deciso sulla base degli strumenti a disposizione? Nella storia del nostro sport entrambe queste due tendenze si sono più volte alternate, allargando sul piano mentale e fisico le possibilità offerte agli scalatori che hanno avuto la bravura di inventare qualcosa di nuovo. Ma l’alpinismo lo si inventa? D’altra parte una linea di roccia o una cascata di ghiaccio sono da sempre esistite, sono semplicemente rimaste in attesa che qualcuno le vedesse, le scoprisse qualcuno capace di sfruttare nuovi materiali e nuove tecniche…
Il ghiaccio è forse l’attività dove questo progresso è oggi più attivo. La creazione di attrezzi sempre più estremi e tecnologici è andata a pari passo con lo sviluppo di una nuova tecnica di progressione e di exploit un tempo inimmaginabili. Nella piolet-traction si è arrivati al punto di affrontare pendenze sempre più estreme utilizzando le dragonne; si è visto in seguito che una gestualità più ampia permetteva salite ancora più estreme ma, eliminando le dragonne era necessario rivoluzionare le impugnature ma rivoluzionando le impugnature…questo è un ciclo continuo che speriamo, per il bene del nostro sport, non finisca mai.

Cascata Chantriaux, Briançon. (R. Olliveri)
  • Becca I
Sbattuta, tirata, torta, agganciata e limata! È la parte più critica dell’attrezzo perché deve garantire al contempo la resistenza necessaria per sopportare questi maltrattamenti e un’alta penetrazione pur senza spaccare il ghiaccio circostante. È quindi difficile da parte del produttore trovare il giusto compromesso nello spessore della lama in base all’uso cui è destinata. È così che distinguiamo tre modelli differenti. Le becche da misto sono più corte e hanno uno spessore maggiore per resistere meglio in torsione e al contatto con la roccia. Ovviamente su ghiaccio si prestano solamente agli agganci in buchi già preparati in quanto tendono a rompere più che a penetrare. Le becche da cascata sono invece più fini con un profilo più basso, sono però più delicate e richiedono particolare attenzione in estrazione e su roccia. Infine troviamo le tubolari, studiate per superfici compatte o neve e ghiaccio di goulotte.
La forma a banana può essere più o meno accentuata. È studiata in funzione dell’angolo di battuta su ghiaccio in modo che impatti contemporaneamente tutto il filo della lama.
In generale si possono distinguere due “filosofie” costruttive. Alcuni produttori puntano sulla resistenza. Le loro lame sono forgiate a caldo, tecnologia che permette l’orientamento delle fibre del metallo nella direzione delle sollecitazioni maggiori. Le becche hanno quindi un filo che taglia il ghiaccio, i primo dente è più lungo ed ha un’inclinazione che agevola l’aggancio. Le altre aziende invece adottano lo stampaggio o la pressofusione, ottenendo becche più sottili con una punta a uncino che penetra nel ghiaccio. Si hanno così attrezzi più dolci col ghiaccio, capaci di “spaccare” meno ma assai più delicati soprattutto sulla roccia o in torsione.
  • Bilanciamento
La distribuzione del peso di una piccozza è una caratteristica fondamentale per definirne il carattere. Influisce direttamente sulla forza e sul movimento che effettuiamo in battuta. Si sfrutta infatti il principio della massa battente dei martelli. Il movimento rotatorio fornisce alla testa un’inerzia tale per cui riesce a rompere il ghiaccio. Le piccozze specifiche per il Dry-tooling, lavorando soprattutto in aggancio, risentono meno di questa esigenza, inoltre sono fondamentalmente più leggere per una maggiore precisione e per stancare meno gli avambracci.
  • Impugnatura

Piccozza da ghiaccio con manico piatto (Arch. Guide Alpine Piemonte)
Oltre all’ergonomia, fattore molto soggettivo, ma necessario per poter agevolmente eliminare le dragonne, un aspetto importante da valutare è il comportamento dell’attrezzo durante i cambi mano. Soprattutto nel dry-tooling, dove si ha spesso a che fare con agganci al limite, è importante che, alzando l’impugnatura lungo il manico l’attrezzo non tenda a ruotare con conseguenti variazioni dell’angolo di contatto della becca. Per raggiungere questo risultato occorre fare un semplice ragionamento geometrico. Immaginiamo di creare un ideale triangolo che abbia per vertice il punto di contatto con ghiaccio o roccia e come base l’impugnatura principale. Perché la piccozza sia stabile la seconda impugnatura dovrà essere il più possibile all’interno della superficie del triangolo e la forza applicata nella medesima direzione.
Tornando all’aspetto ergonomico alcuni modelli offrono la possibilità di personalizzare l’impugnatura attraverso grilletti mobili o con spessori che modificano l’altezza del manico. Sovente nelle piccozze da Dry si vedono grilletti piazzati molto in alto lungo il manico per guadagnare qualche utile centimetro nei movimenti più estremi.
Ormai tutti i modelli sono dotati di utili proteggi urti, essenziali nei cambi di pendenza o con ghiaccio a cavolfiori.
  • Manico
dopo la becca il manico è la parte più delicata dell’attrezzo. È infatti soggetto a urti e torsioni ma gli unici limiti a una struttura resistente sono dati dal peso. Curvo per evitare gli urti contro cavolfiori o nei cambi di pendenza è generalmente metallico, tuttavia alcuni modelli sono realizzati in fibra di carbonio.
  • Penetrazione
La penetrazione deve al contempo essere precisa e delicata, pur permettendo una facile estrazione. L’ideale, ovviamente, sarebbe una lama infrangibile e il più possibile sottile.
  • Dragonne

Piccozza da ghiaccio con dragonne (Arch. Guide Alpine Piemonte)
Con le dragonne o senza dragonne? La risposta è immediata anche senza parlare di etica sportiva o simili. Basta analizzare l’evoluzione dei materiali e delle tecniche. le impugnature sono tali per cui un sostegno non è più necessario e la praticità di gesti quali il cambio mano o l’accoppio è lampante, anche sul facile. Quante volte ci è capitato piantando una vite di essere ghisati e non poter scrollare perché legati con quei fastidiosi laccioli, o di dover compiere un traverso e non aver spazio per piantare lateralmente la piccozza? Certo su cascate di più tiri o in montagna è necessario essere vincolati all’attrezzo per evitare di incorrere in “fastidiose” situazioni quando per errore si lascia cadere l'attrezzo.
  • Becca II
ormai la maggior parte delle becche sono ottimizzate per gli agganci, tuttavia, anche solo in seguito alla naturale usura, può esser necessario dover intervenire con la lima per non dover sempre comprare nuove lame. Ecco alcuni consigli:
  1. MAI utilizzare una mola per evitare di compromettere i delicati trattamenti termici del metallo ma una lima piatta e una tonda;
  2. Modificare i denti a dente di squalo, cioè renderli a sezione triangolare per migliorare l’estrazione;
  3. Per le picche da ghiaccio ridurre l’angolo del filo per un ingresso più delicato, attenzione però che si rende la lama più fragile;
  4. Per migliorare gli agganci su roccia e ghiaccio nelle becche con un primo dente piatto può essere utile ricavare con la lima tonda un ulteriore incavo subito dietro il filo;
 FONT GUIDEALPINE PIEMONTEII

FRENI A SECCHIELLO

I “secchielli” semplicemente sono un mezzo indispensabile per assicurare su vie di più tiri e alpinistiche. Andiamo quindi ad analizzarne le caratteristiche principali e il metodo di funzionamento così da poter compiere una scelta del modello più adeguato al nostro uso e alle nostre caratteristiche e adottare così un comportamento più consono a sfruttare le potenzialità di questa tipologia di freno.
Pur essendo di per se semplici, i freni a secchiello si sono ultimamente moltiplicati al punto che nel mercato alcune compagnie hanno in catalogo anche tre modelli di freno all’aspetto molto simili seppur con caratteristiche differenti. Questo fatto dovrebbe far riflettere sulle molteplici variabili che intervengono nel loro funzionamento e che ne modificano l’azione frenante. Essendo appunto freni si può facilmente intuire che alla base del principio di funzionamento vi sia una dissipazione dell’energia cinetica di caduta tramite lo sviluppo di una forza di attrito causata dallo scorrimento tra la corda i bordi del secchiello e il moschettone con una conseguente produzione di calore. Fin qui si ha un effetto comune in tutti i modelli, ben differente invece può essere il metodo di produrre questo attrito sulla base delle differenti geometrie dell’attrezzo.
Innanzi tutto il secchiello ci piace così tanto perché è l’unico sistema ad oggi che permette la gestione indipendente delle due corde per assicurare il primo di cordata. L’utilizzo del mezzo barcaiolo su due moschettoni distinti è vivamente sconsigliato vista la difficoltà che si ha nel gestire le corde separatamente, mentre passare le due corde insieme può usurare anche marcatamente le calze esterne a causa dei differenti scorrimenti che si hanno durante una caduta. Inoltre il secchiello, a seconda del comportamento dell’assicuratore, può produrre forze frenanti su un vasto range, da 100 daN a quasi 1000 daN così da permettere sia un’efficace azione dinamica che una frenata più immediata e statica a seconda delle necessità richieste da parte del terreno su cui si stia progredendo.
È importante qui ricordare come nella maggior parte delle situazioni sia opportuno prediligere una frenata più dolce con maggior scorrimento per evitare concentrazioni di forze sull’ultima protezione e traumi da impatto al primo di cordata. Altre situazioni impongono invece di poter accorciare il più possibile la caduta per evitare ad esempio cenge o ostacoli. Diventa quindi necessario poter variare l’azione frenante e soprattutto aver confidenza con lo strumento scelto e conoscerlo alla perfezione.
  • Caratteristiche

Freno a secchiello ()
Le caratteristiche geometriche che intervengono nell’azione frenante concorrendo nella produzione di attrito sono principalmente tre. L’angolo con cui la corda entra ed esce negli occhielli (FIG1), gli angoli con cui la corda scorre intorno al moschettone (FIG2) e infine la presenza di fessure in entrata della corda che aumentano l’attrito (FIG3). Per quanto riguarda la prima caratteristica angoli più acuti, ottenuti distanziando maggiormente il bordo dall’asse del moschettone, creano un maggior attrito riducendo lo scorrimento. Ed è proprio variando la direzione di ingresso della corda che l’assicuratore controlla la decelerazione. Alcuni modelli poi dispongono di bordi sagomati in maniera da far variare questi angoli a seconda del verso in cui si inserisce la corda . Questo risulta già una primo fattore di variabilità che consente all’assicuratore di adattarsi ai diametri delle corde e al peso del primo di cordata. Infatti le corde che si possono comprare oggi hanno diametri profondamente differenti, si parte dalle singole da 10.5mm a mezze corde e gemelle che infrangono il muro degli 8mm. È quindi importante che il secchiello si adatti o a un’ampia gamma di diametri o all’uso specifico che ne vuole fare l’acquirente. Questa indicazione è fornita dal produttore e indicata sulle etichette. Capita poi spesso che siano indicati due range di diametro per un utilizzo con corde singole e con mezze corde.
È curioso che esista anche un limite superiore per le mezze corde. Mentre infatti è evidente come con una singola, riducendo il diametro diminuisca anche la forza frenante si fa invece meno attenzione al fatto che con due corde i diametri siano limitati verso l’alto per la ragione opposta, quella cioè di creare una frenata troppo rapida con un aumento della forza di arresto sul primo e sull’ultima protezione.
A proposito del secondo aspetto invece va aperta una parentesi sulle tipologie di moschettoni da utilizzare. Più un moschettone e simmetrico e largo nella zona di scorrimento della corda meglio è. Normalmente quindi, a eccezione di particolari indicazioni del produttore, sono consigliati moschettoni HMS a base larga e ovviamente ghiera. Questo in quanto la simmetricità e la larghezza della base servono a impedire sfregamenti e sovrapposizioni tra le due corde, riducendone l’usura e il riscaldamento. Gli HMS inoltre hanno una sezione per lo più circolare e larga che riduce lo schiacciamento della corda e crea un angolo meno acuto e così più facilmente gestibile. È infatti importante che il passaggio intorno al moschettone sia per lo più fluido per evitare che nel dare corda al primo questa si blocchi.
La presenza di fessure sul bordo di entrata, invece, si è dimostrata una soluzione particolarmente vincente. La scanalatura permette una facile dosatura dell’azione frenante semplicemente variando l’angolo di ingresso della corda tenuta in mano. Infatti, aumentando l’angolo, la corda tende a non  bloccarsi nella fessura. Chiudendo lentamente questo angolo durante la caduta si va ad aumentare gradualmente la forza frenante grazie al maggior attrito sviluppato nelle pareti della scanalatura con una conseguente dolce decelerazione.
Vi è infine una quarta caratteristica importante, cioè lo schiacciamento della corda. Tra i due occhielli infatti si può avere ho una depressione in cui il moschettone a ghiera tende a infilarsi e andando a comprimere così la corda contro i bordi del cilindro o, come nella maggior parte dei casi, una sorta di flangia che permette di mantenere una distanza minima tra moschettone e bordi riducendo appunto lo schiacciamento. Una riduzione dello schiacciamento apporta un maggior controllo ma richiede che la forza frenante massima possa essere incrementata agendo sulle altre caratteristiche sopraelencate.
Queste sopraelencate sono le caratteristiche che concorrono nel progetto di un secchiello. Alla base di un’efficace azione resta comunque sempre la capacità dell’uomo che deve il più possibile conoscere alla perfezione l’attrezzo utilizzato e il comportamento da tenere nelle differenti situazioni per poi riuscire a mettere in pratica la “teoria”. Sarebbe più che altro opportuno poter esercitarsi nella trattenuta delle cadute, magari sotto la guida di esperti o professionisti utilizzando sempre lo stesso strumento. Un buon esercizio e alla base di un corretto comportamento nelle situazioni limite e sicuramente molti incidenti sarebbero evitati se si iniziasse a lavorare sistematicamente su questi aspetti-

CALATA IN CORDA DOPPIA

La manovra di calata in corda doppia ci permette di scendere facilmente con una velocità regolata lungo le corde, è una manovra semplice, ma che richiede molta attenzione.
Giunti all’ ancoraggio di calata predisponiamo una longe collegata a cosciale e cinturone dell’ imbrago con un nodo a bocca di lupo, ci autoassicuriamo con la longe ed il moschettone a ghiera, infiliamo un capo della corda nell’anello dell’ ancoraggio, la facciamo passare fino alla metà e la lanciammo nel vuoto, ci autoassicuriamo alla corda con il nodo autobloccante Marchand collegato all’imbrago con moschettone a ghiera nell’ anello di servizio, passiamo il discensore nella corda e lo colleghiamo alla longe a circa trenta centimetri dall’ imbrago con moschettone a ghiera, stacchiamo l’ autoassicurazione dall’ ancoraggio ed iniziamo la calata fino al successivo ancoraggio dove ci autoassicuriamo, togliamo autobloccante e discensore e attendiamo la calata
del nostro compagno tenendo le corde in mano, in caso di bisogno basterà una leggera trazione sulle corde per fermare la sua calata, quando il compagno ci raggiunge si autoassicura alla sosta con la longe e toglie autobloccante e discensore, adesso infiliamo il capo della corda che recuperiamo nell’ anello di calata dell’ ancoraggio e man mano che recuperiamo facciamo già passare la corda fino alla metà poi stando attenti che non sfugga la lanciamo nel vuoto e ripetiamo le manovre di prima.

Calata in corda doppia (Dis. P. Agnani)

Attenzione, verificare sempre l’ancoraggio, mai calarsi su un solo (Dis. P. Agnani)
font guidealpinepiemonte

ARRAMPICATA SU VIE DI PIU' TIRI ATTREZZATE

  • Equipaggiamento individuale
Scarpe da arrampicata, casco, imbrago, longe, 2 moschettoni a ghiera,
magnesite, attrezzo per assicurare reverso, cordino per autobloccante
  • Equipaggiamento della cordata
Corda singola o doppia, 10 rinvii, 2 fettucce, 1 maillon da calata, i coltellino, 3
friends misure medie, 4 nuts misure piccole, 1 snazzatore
  • Progressione
Quando si affronta una via di pù tiri ,valgono le stesse precauzioni dei
monotiri, la progressione si svolge nel seguente modo :
  1. si scioglie ordinatamente la corda ci si lega ci si controlla e si prende ilmateriale
  2. il capocordata sale giunto alla sosta la attrezza (collegamento dei chiodi ) siautoassicura (barcaiolo )
  3. recupera la corda in eccedenza, mette in sicurezza il secondo passando lacorda nel reverso che è attaccato all’ ancoraggio, quindi recupera il secondo che inizia a salire
  4. quando il secondo arriva si autoassicura (barcaiolo )si libera dal reverso consegna il materiale recuperato
  5. il secondo mette in sicura il capocordata con il reverso all’ imbrago, a questo punto il capocordata toglie il suo barcaiolo di autoassicurazione e parte per il prossimo tiro.

DIECI REGOLE PER MUOVERSI IN SICUREZZA



  1. Non partire con previsioni meteo cattive o cattive condizioni della montagna.
  2. Non salire a tutti i costi anche se è tardi o se il tempo è peggiorato.
  3. In un gruppo la forza è data dall’ elemento più debole, fare gruppi omogenei,ma soprattutto non lasciare mai nessuno indietro, o solo, ad aspettarci.
  4. Sacco leggero, ma con tutto il giusto equipaggiamento e vestiario.
  5. Legarsi sempre e utilizzare le tecniche di sicurezza su roccia e su ghiacciaioanche se apparentemente il terreno è facilissimo.
  6. Informarsi sempre su condizioni o situazione del percorso contattando leguide alpine o i gestori dei rifugi.
  7. Sulle vie ferrate utilizzare sempre nel modo corretto il kit da ferrata conimbrago, doppia longe, dissipatore e casco.
  8. Imparate le manovre di base di autosoccorso ed i segnali di chiamata disoccorso.
  9. Lasciate sempre detto dove andate.
  10. Controllate a vicenda ogni manovra eseguita, dai nodi alla vestizione dell'imbrago.

domenica 16 gennaio 2011

PROGETTO SCUOLA 2011



Corso di Arrampicata sportiva






 
Il progetto ARRAMPICATA SPORTIVA A SCUOLA offre agli alunni opportunità singolari per una formazione psicofisica più completa in quanto essendo l'arrampicata un gesto inusuale e svolto sul piano verticale, integra quelle componenti motorie quali la padronanza degli equilibri, la gestione bilanciata delle forze e una vasta gamma di abilità coordinative che vengono sviluppate concorrendo alla formazione della personalità che matura attraverso la presa di coscienza delle responsabilità attinenti al gesto dell'arrampicata.
In questo senso, come già sostenuto in altri paesi europei, anche in Italia il grande contributo offerto dall'arrampicata svolta in età scolare, corrisponde ad un'importante azione educativa sociale di Prevenzione della Salute e di sviluppo della Sicurezza nella gestione del movimento sul piano verticale. L'apprendimento delle tecniche, delle manovre, dell'uso dei materiali specifici, la conoscenza delle severe regole di comportamento, l'esperienza diretta e la Promozione Sportiva nella scuola permettono al giovane di acquisire i principi di autonomia e di responsabilità che sono alla base del gesto sportivo.

Orienteering



L’Orienteering può essere praticato tutti i giorni, ognuno con il proprio obiettivo: lo sportivo per allenarsi, la famiglia e l’appassionato per divertirsi e trascorrere una giornata piacevole tra amici ed all’aria aperta.
Orienteering significa mappe, boschi e avventura.
Si può correre, pedalare, sciare o camminare. Se si ama stare all'aria aperta ed esplorare il mondo, l'orienteering può essere lo sport per tutti.
L'orientista mette alla prova la sua abilità scegliendo la via più breve e semplice per giungere ai punti di controllo segnati su una carta topografica appositamente disegnata. Ci sono varie discipline nell'Orienteering: La corsa orientamento (CO) è la più comune e diffusa, poi c'è la mountain bike orientamento (MtbO), lo sci orientamento (SciO) e l' orientamento di precisione (TrailO).

Considerata la massiccia adesione alla proposta il corso vedrà la partecipazione delle sole classi prime e seconde con le seguenti modalità:

Classi prime dalle ore 14,30 alle ore 16,30 dei giorni:

 
mercoledì 19.01.2011
mercoledì 02.02.2011
mercoledì 23.02.2011
mercoledì 16.03.2011
mercoledì 30.03.2011


Classi seconde dalle ore 14,30 alle ore 16,30 dei giorni:

 
mercoledì 26.01.2011
mercoledì 16.02.2011
mercoledì 09.03.2011
mercoledì 23.03.2011
mercoledì 13.04.2011


Parteciperanno  gli alunni delle Scuole Medie "G.Pascoli" e "A.Frank" della nostra città.
I ragazzi saranno seguiti dagli Istruttori CAI ,dai collaboratori della nostra sezione e dai propri insegnanti

martedì 11 gennaio 2011

FALESIA MUZZERONE




Il promontorio del Muzzerone è una delle destinazioni invernali più gettonate dagli arrampicatori Liguri, Toscani ed Emiliani. Clima mite, spettacolare vista sul mare e sole fino al tramonto, rendono una giornata trascorsa sulle sue pareti un'attrattiva che per molti vale i chilometri necessari per raggiungerlo. I settori potenzialmente disponibili sono molti, alcuni facilmente raggiungibili mentre altri assai più impervi. La qualità della roccia non è sempre ottima come anche lo stato degli ancoraggi. Oltre ai monotiri il Muzzerone offre anche vie lunghe.


 POVERIERA SINISTRA

VIE  13
GRADI 5b+ 6a+ 6b+ 

POVERIERA DESTRA 
Vie 3
GRADI 6b 6b 6b+


FALESIA DEL SOLE / FINALE LIGURE

Accesso:Per arrivare alla falesia è necessario parcheggiare a Boragni per poi proseguire lungo la strada sterrata e quindi per il sentiero che passando sotto le pareti si inoltra verso la val di Nava.
Si prosegue ancora per circa 200 metri (oltrepassare il sentiero che porta alla grotta della Strapatente) e si volta a sinistra.
Dal parcheggio alla falesia occorrono circa 20 minuti.

Disegno e testo di Delfino Giorgio